L’oramai famoso reato di Stalking, così come disciplinato e punito dall’articolo 612-bis, dal titolo “atti persecutori”, recita testualmente: salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Con la recentissima sentenza della suprema corte (25.05.2011, n. 20895), il cosiddetto reato di stalking, che generalmente troviamo applicato a relazioni interpersonali, soprattutto di coppia, pare trovare una sua collocazione anche all’interno del condominio: deve essere punito, infatti, chi molesta ripetutamente i condomini di un edificio provocando agli stessi un forte stato di ansia.
Con la richiamata sentenza, la corte di legittimità ha precisato che, ai fini del riconoscimento del reato in parola, non è necessario che il comportamento persecutorio sia tenuto verso una stessa persona, ben potendo riguardare, ad esempio, più persone non direttamente oggetto degli stessi atti persecutori (come appunto i singoli condomini).
La condotta criminosa, idonea ad integrare il reato in commento, consiste nella ripetizione di atti qualificati persecutori: la minaccia rivolta nei confronti di una sola persona può coinvolgerne altre o, in ogni caso, costituire molestia, come nella ipotesi di chi minacci “d’abitudine ogni persona attendendo ogni mattina nello stesso posto un mezzo di trasporto per recarsi al lavoro”.
In base all’interpretazione della Corte è “ineludibile l’implicazione che l’offesa arrecata ad una persona per la sua appartenenza ad un genere turbi di per sé ogni altra che faccia parte dello stesso genere”. E “se la condotta è reiterata indiscriminatamente contro talaltra, perché vive nello stesso luogo privato, sì da esserne per questa ragione occasionalmente destinataria come la precedente persona minacciata o molestata, il fatto genere all’evidenza turbamento in entrambe”.
La sentenza richiamata precisa come debba essere considerata anche l’ansia nonché il turbamento che una condotta persecutoria può generare nei confronti dei singoli condomini anche qualora questi non siano direttamente oggetto degli stessi atti persecutori.
E’ sufficiente, quindi, ai fini di una pronuncia di condanna che qualcuno ponga in essere atti persecutori in modo da cagionare un perdurante stato di paura o, comunque, un fondato timore di pericolo per l’incolumità propria o di persone prossime, o ancora la costrizione al cambiamento delle proprie abitudini di vita.