Si segnala all’attenzione dei gentili lettori, questa sintetica raccolta di alcune recenti massime della Cassazione civile.
Comunione e Condominio (Sezione II, sentenza n. 24305 del 2008).
L’amministratore del condominio è legittimato senza necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini a instaurare un giudizio per ottenere la rimozione di opere e manufatti realizzati da un condomino in pregiudizio delle parti comuni dell’edificio condominiale, posto che una tale domanda rientra negli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni stesse ai sensi dell’articolo 1130 n. 4 c.c.
Interpretazione del contratto (Sezione I, sentenza n. 25991 del 2008).
L’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce attività riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giudice alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato. La denunzia del vizio di motivazione, invece, deve essere effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da una assoluta incompatibilità degli argomenti, sempre che questi vizi emergano dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra.
Contratti e simulazione (Sezione III, sentenza n. 9012 del 2009).
Colui che deduce la simulazione di un contratto in una violazione di norme imperative può avvalersi di testimoni e presunzioni, può provare il contratto dissimulato. La prova, peraltro, deve attenere non solo agli elementi caratterizzanti dell’uno o dell’altro tipo di contratto, ma anche all’accordo simulato e deve, quindi avere a oggetto anche elementi e circostanze idonei a disgelare l’intento negoziale comune simulatorio, Il relativo onere, quindi, non può ritenersi assolto in base al mero positivo riscontro di una sommatoria di dati astrattamente riconducibili a una diversa fattispecie negoziale.
Difensori e procura alle liti (Sezione II, sentenza n. 24955 del 2008).
La procura alle liti deve ritenersi conferita in Italia, se reca la autenticazione della firma da parte di un legale ivi esercente, e spetta all’ente, che sostenga l’invalidità della procura stessa sotto il profilo del suo rilascio all’estero, dare la prova di tale assunto, a norma dell’articolo 2697 del c.c.
Svolgimento di mansioni superiori nell’impiego pubblico (Sezione lavoro, sentenza n. 15498 del 2008).
Per il temporaneo esercizio, nel pubblico impiego, di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza, il dipendente ha diritto a un compenso aggiuntivo, che, nell’osservanza di quanto previsto dall’articolo 36 della Costituzione, può non corrispondere alla differenza con la retribuzione prevista per il superiore livello, e può essere determinato anche dalla norma collettiva.
Mancata esecuzione della prestazione lavorativa (Sezione lavoro, sentenza n. 8720 del 2009).
La mancata esecuzione della prestazione lavorativa costituisce giustificato motivo di licenziamento, potendo essere ricondotta alla più generale nozione di inadempimento di non scarsa importanza, della quale all’articolo 1455 del c.c., e la sua pacifica verificazione da una parte esonera il datore di lavoro dall’onere della prova impostogli dall’articolo 5 della legge 604/1966, e dall’altra comporta che il lavoratore inadempiente possa liberarsi dalla responsabilità provando la non imputabilità dell’assenza.
Proprietà in genere (Sezione II, sentenza n. 4679 del 2009).
Ai fini delle norme codicistiche sulla proprietà, la nozione di costruzione non è limitata a realizzazioni di tipo strettamente edile, ma si estende a un qualsiasi manufatto, avente caratteristiche di consistenza e stabilità, per le quali non rileva la qualità del materiale adoperato, quanto, invece, la sua infissione al suolo in senso fisico e finalistico. Ne consegue che non può ritenersi rilevante la sostituzione dei materiali con cui viene realizzata la costruzione, in quanto legno e il vetro, sono idonei a integrare una costruzione, sicché la successiva trasformazione non incide ai fini dell’azione di ripristino spettante al vicino, fatti salvi i possibili rilievi per una diversa incidenza della trasformazione stessa sulla statica dell’edificio.
Locazioni e immobili a uso diverso da quello abitativo (Sezione III, sentenza n. 23856 del 2008).
In tema di locazioni di immobili urbani ad uso non abitativo il diritto di prelazione e quello di riscatto, previsto dagli articoli 38 e 39 della legge n. 392 del 1978, sussistono soltanto nel caso in cui il trasferimento a titolo oneroso del bene locato sia realizzato mediante una compravendita, e non anche nel caso permuta.
Responsabilità civile e perdita di chances (Sezione I, sentenza n. 23557 del 2008).
La perdita di chances, configura una voce del danno patrimoniale risarcibile, in quanto sia provata e costituisca diretta conseguenza della condotta che l’ha asseritamente prodotta, qualora il danneggiato riesca a provare, pur solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta.
Successione e debiti ereditari (Sezione III, sentenza n. 24792 del 2008).
Sia l’articolo 752 del c.c., che concerne i rapporti tra coeredi, sia l’articolo 754 del c.c., in base al quale i creditori possono pretendere nei confronti di ciascun coerede l’adempimento della prestazione divisibile in misura non eccedente la rispettiva quota ereditaria, sono anche tacitamente derogabili dagli eredi, e non impediscono che un solo coerede assuma l’obbligo di adempiere l’intero credito.
Danno cagionato da cose in custodia (Sezione III, sentenza n. 8157 del 2009).
In tema di responsabilità dell’ente pubblico per danni patiti dall’utente di una strada aperta al pubblico transito, ai fini del giudizio sulla qualificazione della prevedibilità o meno della repentina alterazione dello stato della cosa (nella specie, frana di modeste dimensioni di materiale roccioso sulla sede stradale) occorre avere riguardo, segnatamente per quanto riguarda i pericoli derivanti da situazioni strutturali e dalle caratteristiche della cosa, al tipo di pericolosità che ha provocato l’evento di danno e che può atteggiarsi diversamente, ove si tratti di una strada, in relazione ai caratteri specifici di ciascun tratto e agli analoghi eventi che lo abbiano in precedenza interessato.