Alla vigilia dell’approvazione da parte del Parlamento di un nuovo e severo pacchetto di norme in materia di guida in stato di ebbrezza, soprattutto con riferimento ai soggetti neo-patentati, la Suprema Corte torna sulla dibattuta questione della confisca.
Con la sentenza n. 13831, la IV Sezione Penale della Corte ha chiarito che “il veicolo utilizzato per commettere il reato di guida in stato di ebbrezza non è cosa intrinsecamente pericolosa, la cui confisca è dovuta solo se interviene condanna nei confronti del conducente, dovendosi in tal senso ritenere che il riferimento all’art. 240, comma 2 c.p., operato dall’articolo 186, comma 2, lettera c), del codice della strada, abbia il fine non già di assimilare il suddetto veicolo alle altre cose ivi elencate (per le quali la confisca è prevista in ogni caso), bensì di rimarcare l’obbligatorietà della misura ablativa”.
Traducendo la suddetta massima, anche e soprattutto per i non addetti ai lavori, si ritiene che la Corte abbia voluto evidenziare come il veicolo in sè non sia una cosa oggettivamente pericolosa ma debba, piuttosto, essere considerato pericoloso solo in riferimento a quel soggetto (il conducente) “pizzicato” in grave stato di ebbrezza (o di grave alterazione psico-fisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti) o che si sia rifiutato di sottoporsi all’accertamento etilometrico.
A tal proposito, giova ricordare che si ci riferisce ad uno stato di “grave stato di ebbrezza” poichè la misura ablativa della confisca non è prevista per tutte le ipotesi di guida sotto l’influenza dell’alcool ma solamente per quelle più gravi.
In effetti, il legislatore ha ritenuto che debba essere sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell’articolo 240, comma 2, c.p., solo con riferimento alle ipotesi di cui alla lettera c) dell’art. 186, Codice della Strada, ovvero con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l salvo, come noto, che il veicolo appartenga a persona diversa e quindi estranea al reato.
Ricordato ciò, va sottolineato come, nonostante il legislatore abbia inteso configurare la confisca del veicolo come obbligatoria, attraverso il richiamo dell’art. 240 del codice penale, possa pacificamente sostenersi che nel caso del veicolo (a differenza di quelle che sono le ipotesi tipiche dell’art. 240 c.p.) utilizzato per commettere il reato di ebbrezza non vi sia un’oggettiva pericolosità della cosa.
Piuttosto, ben ragionando, si ritiene che il principio ispiratore del nostro legislatore sia stato quello di punire il comportamento del trasgressore privandolo dello strumento (rectius:veicolo) di cui questi abbia abusato utilizzandolo in uno stato fisico alterato. Da ciò deriva che, il carattere sanzionatorio della confisca e la sua obbligatorietà esimano il giudice dal dover motivare circa il rischio di recidiva, costituito nella fattispecie dal mantenimento del veicolo nella disponibilità del trasgressore.
Dalle siffatte considerazioni, e alla luce della richiamata pronuncia della Corte, deriva che, sia in caso di condanna che di patteggiamento, la previsione dell’obbligatorietà della confisca esima il giudice dal dover fornire alcuna motivazione circa la sussistenza della pericolosità qualora il veicolo tornasse nella disponiblità del trasgressore.
E’ sufficiente, infatti, che venga richiamata la configurabilità del reato e la proprietà del veicolo da parte del soggetto trasgressore per poter legittimamente disporre la misura ablativa.